Oggi viviamo a lungo, e spesso godiamo di un certo numero di buoni anni, più liberi dagli impegni e ancora in buona salute. Purtroppo c’è un rovescio della medaglia: molto più frequentemente che in passato, siamo colpiti da malattie degenerative, in particolare da demenze, che trasformano il vivere, o se vogliamo il lento morire, in un calvario, per noi e per gli altri. La demenza costituisce una delle emergenze sanitarie che i paesi con più alto tenore di vita si trovano ad affrontare, ed è molto probabile che in futuro questo fenomeno assumerà dimensioni ancor più drammatiche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’aumento ulteriore dell’aspettativa di vita dei cittadini. Fra pochi anni, addirittura, la principale causa di morte sarà la demenza. L’incremento mondiale di ultrasessantenni previsto tra il 1990 e il 2030 è del 180%, con un aumento in valore assoluto da 488 milioni a 1,3 miliardi, e riguarda, sebbene in minor misura, anche i paesi in via di sviluppo.
La demenza è, in generale, una malattia lunga e invalidante. Per via di questo decorso, si stenta a considerarla una malattia terminale: tuttavia è noto che, per gradi, il paziente passa dall’autosufficienza alla completa assenza di competenza cognitiva, e poi al deperimento fisico e alla morte. Assistere un malato di demenza è impresa ardua e frustrante, perché spesso il paziente non riconosce i familiari e ha manifestazioni di aggressività. La maggior parte di questi vecchi muore nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA), pensate per gli anziani disabili, dove è ancora raro il personale competente in cure di fine vita, e dove spesso il dolore (anche fisico) è sottovalutato e trascurato (non dimentichiamo la legge n. 38 del 2010, che stabilisce che l’accesso alle cure palliative sia un diritto per tutti). A volte, per poter far accedere un vecchio a un programma palliativo, si va cercando nel suo corpo un tumore che gli dia la possibilità di rientrare nella categoria dei malati oncologici e di avere un posto in hospice.
Credo che non possiamo lasciar andare le cose in questo modo, senza fare pressioni, anche politiche, per migliorare questa inquietante realtà, e senza trovare alternative, per la morte degli anziani, meno deprimenti della reclusione in RSA. Qualcuno di voi ha fatto esperienze che può condividere? E anche chi non ne ha fatte, cosa ne pensa?